FORUM ASSOCIAZIONI DI VOLONTARIATO BOLLATE
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Il 20 aprile scorso si è tenuto un incontro di Caritas decanale sulle tematiche carcerarie. Non stupiscano né il tema né la definizione del gruppo dei presenti. Decanato è il termine che indica la singola porzione di territorio, in cui è divisa la diocesi di Milano; ogni decanato comprende più parrocchie, nel caso del decanato di Bollate, le parrocchie sono 21 distribuite su 7 comuni; dunque la quarantina di persone presenti provenivano dai diversi comuni dell'area decanale. Il tema è stato scelto per alcune ragioni: sul territorio del decanato è presente un carcere importante, definito di Bollate pur trovandosi sul comune di Baranzate; nell'anno giubilare della Misericordia è importante che operatori in ambito sociale, come sono gli aderenti a Caritas Ambrosiana, affinino conoscenze e sensibilità su aspetti di realtà che richiedono attenzione e disponibilità perché coinvolgono tantissime persone in difficoltà esistenziale. In diocesi a novembre sarà celebrato il Giubileo dei carcerati. Tra i presenti c'erano diversi volontari che operano in carcere, e l'animazione della serata è stata affidata a due di essi: il diacono Enrico Dalla Valle che è attivo nel carcere di Busto Arsizio e suor Gianna Baratta delle Suore di Santa Giovanna Antida che opera nel carcere di san Vittore a Milano. Entrambi hanno sottolineato da una parte l'aspetto socio-culturale che attiene alle politiche carcerarie e dall'altra, con particolare intensità, le problematiche legate alla “ vita di carcere”. In particolare il diacono Dalla Valle ha letto e commentato una lettera che ha ricevuto da Andrea, un carcerato che ha partecipato ad un incontro in cui, a proposito del “pianeta carcere “, si è parlato di bontà e cattiveria. L'obiettivo del diacono era mostrare come sia possibile fare discorsi seri con i detenuti, su contenuti di umanità vissuta.
Andrea, nella sua lettera, mostra innanzi tutto capacità introspettiva; dice testualmente : “ una mia personale riflessione l'ho fatta e, andando a ritroso nel mio vissuto, ho cercato di fare un bilancio tra le azioni buone e quelle cattive che hanno contraddistinto la mia vita. Schiacciante prevalenza delle cattive! In realtà però, se mi conosceste personalmente, sono sicuro che non mi giudichereste una persona cattiva.[...] non cerco attenuanti ai miei comportamenti […] ho compiuto con premeditazione cattive azioni, ma non mi sento assolutamente cattivo, non impersono il male assoluto, anzi ho idee e progetti per un futuro migliore e, come me, li hanno anche moltissime persone recluse. Se ad una persona non si fa altro che dire che per lui non c'è speranza, che la sua indole è malvagia, si corre il rischio di renderla veramente tale. L'assenza di speranza e quindi di progettualità, unite ad un sistematico rifiuto della società ad accettarti, non crea certo sicurezza ma segregazione e terrore. […] anche se sono cresciuto in un quartiere difficiel ( Quarto Oggiaro ) ho avuto ugualmente tanti esempi positivi che avrei potuto seguire, ho semplicemente preferito ignorarli.Sono le scelte che facciamo a condizionare il nostro futuro, molte delle mie hanno tracciato il cammino verso il carcere, chissà che quelle future mi condurranno altrove.” E questa è davvero la notizia più consolante: avere speranza per se stessi e il futuro, riuscire ad uscire da giudizi che nella loro totalitarietà assoluta condannano per la vita.
Una bella pista di lavoro che gli operatori Caritas e gli altri presenti hanno visto tracciarsi per un'azione di avvicinamento alla complessa situazione dei carcerati.